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Sport

"Per molti dei nostri pazienti l’idea di arrampicare era assolutamente inconcepibile": l'arrampicata per chi soffre di Parkinson (e non solo) 

"Vogliamo farti vedere che quando ti diciamo che puoi farcela, è vero". Nasceva così, quasi come una provocazione, l’idea del team Moov- it di proporre l’arrampicata ai propri soci. All’epoca, nel 2018, era una onlus milanese nata per supportare le persone che soffrono di patologie cronico degenerative neurologiche, in particolare Parkinson, i loro familiari e caregiver

di
Anna Pugliese
23 gennaio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

“Vogliamo farti vedere che quando ti diciamo che puoi farcela, è vero”. Nasceva così, quasi come una provocazione, l’idea del team Moov- it di proporre l’arrampicata ai propri soci. Moov-it all’epoca, nel 2018, era una onlus milanese nata per supportare le persone che soffrono di patologie cronico degenerative neurologiche, in particolare Parkinson, i loro familiari e caregiver. 

 

L’arrampicata è uno sport complesso a livello motorio, che esige capacità fisiche non banali. Impensabile, per chi non ha uno sguardo attento, profondo, pensare di proporlo a dei parkinsoniani. “Per molti dei nostri pazienti l’idea di arrampicare era assolutamente inconcepibile”, conferma Viviana Ghizzardi, movement disorders rehabilitation specialist, presidente di Moov-it. Invece, da subito, salire in parete è stato entusiasmante, coinvolgente, appassionante, per tutti. “Così i nostri climber hanno iniziato a fare cose che prima facevano paura. E sin dai primi appoggi e appigli hanno capito che in parete devono cavarsela”, spiega Viviana. È un passaggio fondamentale, perché questo imperativo, questa necessità di doversi arrangiare in parete, anche se sempre in sicurezza e con l’assistenza del team Moov-it e degli insegnanti di climbing, contribuisce a renderli più indipendenti anche nelle attività di tutti i giorni. Ed è un primo, enorme, risultato che vale sia per i pazienti ma anche per i loro caregiver. “Il climbing migliora la rappresentazione di sé, fa capire che il Parkinson può non essere un limite, spezza l’identificazione della persona con la malattia, che è il primo nemico da combattere. Inoltre ci permette di innescare una sequenza virtuosa importantissima: chi arrampica si sente forte, capace, e allo stesso tempo i caregiver si rendono conto che possono allentare un po’ la tensione, che non serve una campana di vetro, per proteggere, sempre. Così anche chi aiuta, chi si fa carico del malato, può vivere la malattia in modo meno faticoso”, aggiunge Viviana Ghizzardi. 

 

Inoltre c’è l’insegnamento della consapevolezza di poter essere felici. Quest’esperienza in parete, nata quasi come una scommessa, è stata accolta con grandissimo entusiasmo. “Questo spinge i malati a fare delle scelte per poter essere protagonisti della loro gratificazione emotiva, godendo dell’occasione per migliorarsi”, aggiungono i responsabili di Moov-it. 

 

Ovviamente ci sono anche dei grossi benefici neurologici. Il climbing necessita di schemi motori specifici: la ricerca dell’appiglio e dell’appoggio, lo spostamento del peso, il sollevarsi verso la presa successiva. “Nella malattia di Parkinson c’è un deficit dei movimenti automatici e arrampicando il problema si aggira utilizzando dei circuiti neurologici alternativi rispetto a quelli danneggiati dalla malattia. L’allenamento in parete, con movimenti precisi, ragionati, di tutti quattro gli arti, aiuta l’impulso nervoso a percorrere strade diverse. Inoltre offre l’occasione di uscire da abitudini motorie consolidate, aiutando a sviluppare un modo alternativo di muoversi”, commenta Viviana Ghizzardi. 

 

Da Moov-it quest’anno, sempre con il fondamentale supporto del Manga Climbing, di Milano, si arrampica una volta al mese, con continuità. E poi, con l’arrivo della primavera, ritorneranno le uscite outdoor, in Valsassina, presso la parete semi attrezzata della Casa delle Guide di Introbio (Lc). “Lì, la falesia regala un panorama straordinario e  arrivare in cima permette di conquistarsi una soddisfazione ancora più grande”, aggiunge Viviana Ghizzardi. Oggi, per non isolare i malati, Moov-it si è aperta a tutte le persone che necessitano di attività fisica adattata, ai loro famigliari e care giver. E propone ogni anno una vacanza estiva sportiva: dove c’è l’arrampicata, ci sono anche le passeggiate e il nordic walking, l’equitazione e il Pilates. E c’è chi, tra i pazienti, spinge per arrivare al parapendio. 

 

L’unico rammarico, alla fine di questa storia, è che non si sia arrivati a formare degli istruttori di arrampicata competenti per chi ha problemi neurologici. “Queste malattie hanno sempre più spesso degli esordi giovanili, avere dei professionisti capaci di spiegare, e di comprendere, sarebbe fondamentale per aiutare sempre più persone ad avere la loro sana dose di sport, benessere, socialità e dopamina”, conclude la presidente di Moov-it onlus.  

 

Foto di Marta Giordano, Moov-it onlus

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